Già nel 1977 Edward W. Said, nella sua opera “Orientalismo”, faceva notare come sotto tale nome, in Occidente, venivano annoverante l’insieme delle discipline accademiche che studiavano usi, costumi, letteratura e storia dei popoli orientali.

Fin dai tempi più antichi l’Oriente appariva agli occhi di un occidentale come un luogo di avventure, popolato da creature esotiche e di incontri eccezionali. Per l’Europa l’Oriente non è solamente ciò che si trova oltre i propri confini là dove sorge il sole, ma è soprattutto il luogo in cui sorsero le più antiche, ricche ed estese colonie. Fin dai primi contatti in era moderna, l’Oriente è apparso ai cultori europei come la culla della  stessa civiltà e delle lingue, di cui la stessa ascendenza culturale greca non poteva fare a meno di rintracciare le sue più antiche radici. Per F. W. Said l’orientalismo è parte integrante della civiltà e della cultura europea tanto che “esprime e rappresenta tale parte, culturalmente e talora ideologicamente, sotto forma di un lessico e di un discorso sorretti da istituzioni, insegnamenti, immagini, dottrine, e in certi casi da burocrazie e politiche coloniali.”

Tutto ciò genera un problema non di poco conto, infatti il ricercatore occidentale spesso non ha affrontato lo studio dell’Oriente autoimponendosi una tabula rasa. Il condizionamento del proprio ambiente e della propria cultura, sia essa ebraica, cristiana o laica, ha fatto sì che molte cose fossero comprese e ripresentate attraverso il filtro della propria cultura, generando non pochi fraintendimenti e veicolando valori che sebbene simili, non fossero identici alla cultura che si  andava studiando. Da questi problemi non si sono esentati neanche gli stessi intellettuali indiani per esempio. Il postmodernismo, una tendenza filosofica propria degli accademici occidentali, ha fatto breccia anche tra gli intellettuali indiani laici e tra quelli inclini alla spiritualità. Tutto ciò ha fatto sì che le “grandi narrazioni” fossero quelle occidentali e all’Oriente si è relegato il ruolo di fratello minore, sebbene affascinante, ma ancora troppo ingenuo e mitologico.

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