Da quando l’uomo ha iniziato a far uso della scrittura, più di 5000 anni fa nelle oasi della Mezzaluna fertile, il modo di percepire la realtà che lo circondava ha iniziato a cambiare il proprio paradigma. Si è passati da una civiltà legata solamente alla dimensione orale di un sapere mnemonico, facilitato dalla musica e dalla scansione metrica dei versi da recitare, ad una civiltà in cui il segno grafico e quindi la percezione visiva, incominciava a prendere il passo a quella prettamente uditiva.
Le antiche tavolette cuneiformi sumeriche e poi assiro-babilonesi ci mostrano come l’evoluzione culturale dell’uomo sia legata ad un medium che ne influenza anche le capacità percettive e creative. Così anche nell’antica Grecia, quando la scrittura incominciò a farsi breccia nel mondo filosofico, il paradigma esoterico di tali dottrine, cedette il passo a quello in un certo qual modo pubblico e divulgativo, strabiliante ma allo stesso tempo pericoloso per le dottrine dei maestri di saggezza. Uno scritto non poteva difendersi, non poteva autointerpretarsi ed è per questo che mettere per iscritto gli insegnamenti di un maestro, non ne garantiva più la retta interpretazione. Così Socrate, nel Fedro, sosteneva che:
Chi crede di poter tramandare un’arte affidandola all’alfabeto e chi a sua volta l’accoglie supponendo che dallo scritto si possa trarre qualcosa di preciso e di permanente, deve esser pieno d’una grande ingenuità, e deve ignorare assolutamente la profezia di Ammone se s’immagina che le parole scritte siano qualcosa di più del rinfrescare la memoria a chi sa le cose di cui tratta lo scritto. […] Perché vedi, o Fedro, la scrittura è in una strana condizione, simile veramente a quella della pittura. I prodotti cioè della pittura ci stanno davanti come se vivessero; ma se li interroghi, tengono un maestoso silenzio. Nello stesso modo si comportano le parole scritte: crederesti che potessero parlare quasi che avessero in mente qualcosa; ma se tu, volendo imparare, chiedi loro qualcosa di ciò che dicono esse ti manifestano una cosa sola e sempre la stessa. E una volta che sia messo in iscritto, ogni discorso arriva alle mani di tutti, tanto di chi l’intende tanto di chi non ci ha nulla [e] a che fare; né sa a chi gli convenga parlare e a chi no. Prevaricato ed offeso oltre ragione esso ha sempre bisogno che il padre gli venga in aiuto, perché esso da solo non può difendersi né aiutarsi. […] E che? Vogliamo noi considerare un’altra specie di discorso, fratello di questo scritto, ma legittimo, e vedere in che modo nasce e di quanto è migliore e piú efficace dell’altro? […] Il discorso che è scritto con la scienza nell’anima di chi impara: questo può difendere se stesso, e sa a chi gli convenga parlare e a chi tacere.
Platone, Fedro, 275c-276a
Ma la strada della conoscenza, nei suoi andirivieni è inarrestabile, lo sapeva bene lo scienziato Max Planck quando sosteneva che:
Una nuova verità scientifica non trionfa perché i suoi oppositori si convincono e vedono la luce, quanto piuttosto perché alla fine muoiono, e nasce una nuova generazione a cui i nuovi concetti diventano familiari!
Ciò è valso in molti ambiti della storia dell’umanità e anche la scrittura e poi l’invenzione della stampa sono state protagoniste di un inesorabile cambio di paradigma.
Ma che cosa intendiamo oggi per medium?
Oggi come nell’antichità, un medium non è altro che uno strumento che ci permette di comunicare superando il limite dell’interazione faccia a faccia, ovvero quello della contiguità spazio-temporale. Se prima la comunicazione poteva avvenire solamente quando due individui si trovavano faccia a faccia, oggi si può comunicare con una persona che dista da noi migliaia di chilometri.
Tutto questo però ha determinato una perdita di informazione e una degradazione del segnale comunicativo. Partendo dal fatto che la comunicazione umana, quella faccia a faccia, avviene su un piano verbale, non verbale (espressioni facciali posture del corpo) e paraverbale (tono della voce), in un messaggio scritto o solo vocale oppure in un video bidimensionale, almeno una parte dell’informazione viene persa e quindi il messaggio si espone più facilmente a fraintendimenti
Il problema comunque non risiede solamente nella possibilità di una fallace informazione, ma con l’andare del tempo, gli stessi soggetti della comunicazione potrebbero perdere la capacita di interpretare emotivamente tutti quei caratteri peculiari dell’informazione scambiata faccia a faccia, come espressioni facciali e tono di voce. Questo provoca la modificazione dei consueti stili relazionali, spesso in maniera disfunzionale.
In conclusione possiamo dire che non è da sottovalutare la grande preoccupazione degli studiosi, che leggono nei mali che affliggono i giovani, come le dirette conseguenze di un uso infausto dei media digitali. La terza rivoluzione tecnologica, portata avanti dalla Silicon Valley e dai suoi afferenti, potrebbe portare con sé un peggioramento e non un miglioramento dei livelli di felicità del futuro genere umano!